Michelangelo, le verità della pietra. Architetture oltre la superficie
Prof. Vitale Zanchettin
Il binomio pietra-architettura offre una chiave di lettura privilegiata per comprendere l’opera di Michelangelo, ma solo raramente è stato messo a fuoco come problema autonomo. Il marmo è tradizionalmente oggetto di studi legati alla scultura, mentre l’architettura è in genere analizzata per le sue straordinarie sagome, il suo disegno innovativo e solo in pochi casi circoscritti dal punto di vista del significato attribuito ai materiali e a come questi condizionino le forme. Eppure Michelangelo dimostrò precocemente un’attenzione quasi ossessiva per la qualità della materia e della pietra in particolare, mettendo il marmo bianco statuario al culmine della sua scala gerarchica. Un’osservazione mirata degli edifici realizzati da Michelangelo nell’arco di oltre mezzo secolo rivela anche a un occhio non allenato il costante utilizzo di pietra massiccia di spessori sovradimensionati rispetto alle esigenze strutturali e l’esclusione categorica del rivestimento e dell’incrostazione marmorea anche in contesti nei quali sarebbero stati possibili sostanziali risparmi in termini di tempo e denaro. Le dimensioni delle pietre costituiscono una sorta di monumentalità interna ai corpi murari michelangioleschi. La ricerca è volta a riconoscere le relazioni esistenti tra le forme “terribili” delle sue architetture più celebri e la loro struttura interna.